Senegal, 8 anni di carcere a nove omosessuali

  

Il Senegal, uno dei pochi Paesi africani che rispetta i diritti umani, ha fatto un passo indietro. L’8 gennaio 2009 nove omosessuali sono stati condannati a otto anni di galera per «condotta indecente, atti innaturali e appartenenza a un’organizzazione criminale». L’ex colonia francese è uno dei 38 Paesi del continente che puniscono i rapporti consensuali tra persone dello stesso sesso, ma la norma, che prevede una multa da 150 a 250 euro e la prigione da uno a 5 anni, non è stata mai severamente applicata. La mano del giudice stavolta è stata pesante aggravando la pena richiesta dall’accusa, cinque anni, aggiungendo tre anni con l’associazione per delinquere.

Tra i condannati Diadji Diouf, uno dei leader del LGBT (il gruppo che riunisce lesbiche, gay, bisessuali, transessuali).
Diouf, che era stato arrestato il 19 dicembre con altre 8 persone, è impegnato in un’organizzazione per la lotta all’Aids.

Nel febbraio 2008 una donna e 10 uomini sono stati arrestati a Dakar, dopo la pubblicazione su una rivista di fotografie scattate durante un matrimonio gay. Le autorità avevano dato una grande pubblicità all’arresto, provocando una forte reazione tra la popolazione (in grande maggioranza musulmana) contro gli omosessuali. Sui siti web più conservatori erano comparsi slogan fortemente omofobici: «Ammazzare un omosessuale non è peccato» o «Devono essere tutti eliminati dalla faccia della Terra». «Quello che è incomprensibile — spiega al Corriere un prete residente in Senegal da anni — è l’atteggiamento del presidente Abdoulaye Wade, liberale e progressista. In occasione del summit della Conferenza Islamica a Dakar, nel marzo scorso, ha lanciato una campagna contro i matrimoni gay.
Forse nella "conversione" c’è lo zampino (e i soldi) di qualche ricco Paese fondamentalista omofobico»


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