Le voci delle mille culture LGBT

  

Si è svolto oggi a Milano – sabato 21 marzo 2009, presso IBRIT – Istituto Brasile-Italia, il Convegno “Immigrazioni e Omosessualità, criticità e aspettative”, proposto dal C.I.G. – Centro di Iniziativa Gay, Arcigay di Milano, assieme a NAGA (Associazione Volontaria di Assistenza Socio Sanitaria e per i Diritti degli Stranieri e dei Nomadi) e ArciLesbica, con la collaborazione della London Metropolitan University.

Fabio Pellegatta, responsabile cultura di Arcigay CIG – Milano ha aperto e moderato il dibattito. “Immigrazioni e Omosessualità: sono due parole che significano il diritto al benessere di molte persone con particolari bisogni e desideri. Siamo qui grazie ad un lavoro di rete, promosso e sviluppato grazie all’impegno personale di due operatori sociali di un’associazione che si occupa di multiculturalità e che adesso hanno messo a disposizione le loro energie e competenze per Arcigay: Diego Puccio e Domenico Abbate”.

Aurelio Mancuso, presidente nazionale Arcigay ha spiegato l’importanza sociale di questo convegno. “Oggi siamo qui a confrontarci su un tema importante per la visibilità e la dignità sociale di persone che molte volte non riconoscono se stesse. Ci sono migliaia di persone LGBT migranti che hanno difficoltà a trovare un sostegno effettivo dap arte del nostro movimento; in particolare a Milano ho incontrato molti gay nei nostri circoli ricreativi che negano una loro identità omosessuale, in quanto non accettati dalla loro comunità culturale di origine: per questo dobbiamo adeguare le nostre idee e le nostre conseguenti risposte a questi bisogni. Noi siamo immersi un linguaggio completamente occidentale e abbiamo bisogno di un confronto reale con le diverse culture per rinnovare I nostri servizi di accoglienza e di informazione. Inoltre un altro problema che è venuto alla luce in quest’ultimo periodo è quello di persone che chiedono di restare in Italia in quanto nel loro Paese la loro condizione è punita per legge. Grazie ad una legge, promossa dall’ex-senatore Silvestri, è possible chiedere ora asilo politico in Italia e Arcigay si sta muovendo per sostenere questi processi giuridici di integrazione nel nostro paese.
Il movimento LGBT italiano deve crescere. E oggi in un paese che è difficile da vivere anche per una persona italiana, potete immaginare cosa può significare trovare un percorso di vita per una persona LGBT migrante. Siamo scivolati da una discussione sul riconoscimento delle nostre coppie, ad un dibattito che mette in dubbio la nostra stessa esistenza e dignità. Per questo c’è bisogno di ripartire da noi stessi e noi stesse, per rimettere al centro le nostre esistenze e confrontare le nostre esperienze. Per questo mettere in gioco le diverse culture presenti tra le persone LGBT e metterle in rete con altre realtà associative è la base per ricostruire un nuovo futuro per tutte e tutti in Italia.

Domenico Abbate, promotore del convegno, ha raccontato come tutto è nato: “Una sera entrando in un locale friendly di Milano trovo una copia del n° 14 di Pegaso, in copertina una coppia gay di differenti razze. Contatto l’Arcigay di Milano e grazie al comitato partecipiamo – assieme a Diego Puccio – al seminario di formazione di Napoli in dicembre, dove possiamo approfondire questo tema grazie a una serie di stimoli scientifici e culturali. Tornati a Milano, rispondiamo a questa esigenza di mettere in rete le nostre competenze e a coinvolgere diverse associazioni in città, da NAGA alla Fenice, da ArciLesbica al comitato Arcigay di Milano.”

Diego Puccio, promotore del convegno, ha aggiunto
: “I primi frutti di questo convegno si sono già visti. Tramite lo sportello migra di Arcigay siamo venuti a contatto di un ragazzo che vive a Milano e sta chiedendo accoglienza in Italia a causa del suo orientamento sessuale. E solo grazie al supporto di NAGA, con la sua esperienza di anni con le persone migranti, siamo potuti intervenire in maniera puntuale per aiutare questo ragazzo.”

Giorgio dell’Amico, Referente nazionale progetto Arcigay IO, patrocinato dal Ministero del Lavoro e della Solidarietà Sociale, ha presentato I dati generali raccolti da Arcigay nell’ambito del progetto: “Per me è innanzi tutto una grande occasione per incontrare di persona diversi ragazzi che avevano contattato lo sportello migranti di Arcigay in questi anni.”
L’esperienza Arcigay con persone con retroterra di migrazione inizia nel 2004 grazie al progetto sulle discriminazioni multiple QuBA. Questa attività ci ha permesso di raccogliere molti materiali sull’omosessualità in tutti i paesi del mondo, in modo da poter affrontare le necessità di tutte le persone straniere. Nel 2005 c’è stat oil primo caso a Modena di un ragazzo pakistano che chiedeva e ha ottenuto asilo in Italia a causa della sua omosessualità. Sono seguiti diverse attività di formazione per operatori.
Questa esperienza ci ha portato a sviluppare una serie di questioni. Innanzi tutto la protezione di quelle persone che provengono da paesi in cui l’omosessualità è punita per legge oppure dove il contesto sociale è fortemente machista e omofobo. Proprio in questi giorni stiamo seguendo il caso di una ragazza lesbica proveniente dal Marocco.
Altra questione importante è quello della tutela delle coppie miste, composted a un italiano e da un/una partner extra-comunitaria, che per la legge italiana non è nessuno, dato che non abbiamo alcuna legge che riconosce le nostre famiglie.
Generazioni 1 e mezzo e poi… Altra questione è il problema di integrazione culturale di ragazzi e ragazze nati o cresciuti in Italia che però non trovano accettazione nelle loro famiglie di origine straniere, e contemporaneamente vengono isolati dalla comunità LGBT italiana, in quanto stranieri. Queste difficoltà di visibilità e integrazione le abbiamo riscontrate proprio nella raccolta dati del nostro progetto, nel momento di effettuare le interviste sulle storie di vita, in cui tra tantissime persone, solo 31 gay e lesbiche hanno accettato di effettuare il colloquio.
Infine ci sono tutte le questioni legate alla salute delle persone LGBT con retroterra di migrazione. Dobbiamo sviluppare una serie di strumenti informative specifici che siano inclusive delle diverse culture e delle diverse lingue e linguaggi.

Italo Siena, Formatore NAGA, ha discusso di diritti sanitari: “Immigrazioni e omosessualità sono due identità attualmente ancora invisibili. I bisogni di molte persone sono ancora nascosti. Grazie al lavoro di NAGA, vediamo come attraverso una proposta di servizi, il sommerso emerge e viene alla luce.”
Ha quindi illustrato I dati sanitari e spiegato le specifiche esigenze dei quasi 4 milioni di persone migranti presenti in Italia. I paesi più rappresentati sono: Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina, Filippine, Tunisia."
“C’è un grave problema dip aure relative al rapporto con le persone migranti. Solo attraverso la creazione di strutture forte e coraggiose possiamo alimentare la conoscenza e sconfiggere queste paure.”

Eugenio Losco, avvocato penalista ha illustrato i Diritti delle persone migranti. "L’identità di straniero è una condizione di estrema invisibilità, dovuta proprio alla nostra legislazione, durissima con le persone senza permesso di soggiorno, e contemporaneamente incapace di costruire un processo di regolarizzazione. Si è clandestine per scelta dello stato. L’ultima legislazione avviata da questo governo vuole criminalizzare la condizione di straniero, già a partire dal nome “pacchetto sicurezza”. Saranno norme che incidono sui diritti fondamentali della persona straniera."

Nicola Mai, London Metropolitan University, Istitute for the Study of European Transformations, ha illustrato le difficili questioni culturali legate alle identità sessuali e omosessuali in quanto identità mobili per le persone con diversi retroterra di migrazione, in particolare per le persone che intraprendono percorsi di prostituzione maschile.
“I molti prostituti che ho incontrato nel mio percorso di antropologo si basano su una resilienza del binarismo culturale uomo/donna. È difficile per una persona che non ha introiettato il modello omosessuale occidentale definirsi in quanto gay. Esiste ancora un retaggio culturale che divide gli esseri umani in base ai loro comportamenti. L’erranza, la migrazione è un dato di vulnerabilità per le persone che lo intraprendono: rappresenta un rallentamento o una fuga rispetto al proprio percorso di consapevolezza identitaria rispetto alla sessualità e al genere. La prostituzione, soprattutto per I ragazzini giovanissimi, rappresenta un nuovo status psicologico di riconoscimento sociale e di emancipazione, oltre che un fattore di maggiore benessere economico. A livello psicologico, ci sono inoltre altri fattori affermativi, come il bisogno di un riferimento genitoriale che si può trovare nel rapporto di prostituzione. Molti di questi ragazzi però non riescono a riconoscere l’ambiguità della loro sessualità, l’identità gay occidentale è frutto di una cultura di tipo borghese e ricca di strumenti di socializzazione, mentre per chi vive ai margini non c’è un linguaggio socializzato rispetto all’identità LGBT, altrimenti ci sarebbe una sanzione morale nella cultura di origine.
In quanto operatori sociali con la comunità LGBT siamo ancora carenti di strumenti necessari per accogliere queste differenti identità. Le implicazioni più importanti su cui dobbiamo lavorare è la mancanza di informazioni sulle malattie a trasmissione sessuale e un percorso culturale sul valore profilattico del preservativo: spesso viene visto solo con un valore morale, in quanto utilizzato solo dai froci, e non da chi ha comportamenti insertivi con uomini o eterosessuali.
La scommessa maggiore è riconoscere la complessità di questi bisogni e di mobilizzare le maggiori risorse per valorizzare l’emancipazione rispetto all’essere minoranza. Purtroppo sta invece crescendo la vittimizzazione della prostituzione che non la impedisce, ma incrementa solo l’esclusione sociale.”

Gloria Valentini, Gruppo Cabiria, NAGA, ha parlato di immigrazione e transessualità, grazie alla sua esperienza di Unità di Strada.
“Nella nostra esperienza abbiamo incontrato prevalentemente donne, in particolare rumene e nigeriane, e persone trans, soprattutto da Brasile, Perù, Ecuador, Paraguay. Le aree di prostituzione sono estremamente lottizzate sia rispetto al genere, sia rispetto alla nazionalità.
La condizione di transessualità è vissuta come stigma di diversità tutti I giorni sulla propria pelle e isola queste persone in una condizione di estrema marginalità.
Un argomento che ci sta molto a cuore come Cabiria è la rappresentazione che le persone trans danno del proprio genere. Fin dagli anni ’50 si è sempre pensata la rappresentazione dell’identità trans come non accettazione problematizzata. Successivamente è nata invece una rappresentazione di rivendicazione politica e di rotturadel proprio corpo. Le persone trans oggi invece non si riconoscono in nessuna delle due rappresentazioni, ma vogliono vivere affermativamente un’identità transgender che sta proprio a metà tra I due generi.

Helen Ibry, della segreteria nazionale ArciLesbica, parla dell’universo migrante femminile e di come sia necessario come movimento LGBT assumerci la responsabilità di fare emergere le specificità delle identità femminili, anche se a un primo sguardo sembrerebbe che la questione della migrazione non coinvolga le lesbiche.
" E’ necessario rendere espliciti i diversi percorsi identitari che caratterizzano le persone lesbiche. La sessualità femminile soffre purtroppo di una quasi totale invisibilità, frutto di un ritardo culturale e di un maschilismo diffuso in molte culture.
La parola lesbica è una definizione molto difficile ed anch’essa frutto di un’elaborazione identitaria occidentale. E per una donna è ancora più forte quello status di ambiguità che è strettamente legato al coming out come processo che continua in ogni contesto sociale attraversato."


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