Le recenti dichiarazioni del monsignor Negri sull’omosessualità ci ricordano che la Chiesa cattolica non perde occasione per pretendere di conoscere a priori ciò che è buono e giusto. Dovrebbe allora, questo luminoso esponente, sapere che l’omosessualità è prima di tutto una condizione, non un diritto. E che, non solo 99 persone su 100, ma anche altrettanti psicologi e scienziati la considerano una naturale variante dell’affettività umana e non un “disordine grave”, né una malattia, né una perversione. Chi afferma il contrario si rende praticamente complice della pericolosa ondata di omofobia che si sta verificando anche in Italia. Basti ricordare la lunga lista di omicidi (almeno 5) e di violenze (almeno 23) nei confronti di persone omosessuali e transessuali denunciate solo nei primi mesi del 2009, senza contare i fatti non denunciati.
Gli attacchi delle gerarchie cattoliche e di gruppi integralisti religiosi sono rilevati con chiarezza anche dall’Agenzia europea per i diritti fondamentali che li indica come attori politici chiave nell’ostacolare il raggiungimento dei diritti per le persone LGBT.
È un mistero come si possa fare il "bene", come pretende l’alto prelato, quando con queste farneticazioni confonde diritto con condizione, rispetto con misericordia, e progresso con eccesso. Come si possa fare del bene quando la sua Chiesa contrasta la mozione ONU per l’abolizione del reato di omosessualità che in moltissimi paesi del mondo condanna lesbiche gay e trans a persecuzioni, torture e carcere arrivando, nei casi più estremi, persino alla pena di morte. Quando è la stessa Chiesa cattolica a chiedere, come in Etiopia, che l’omosessualità sia vietata nientemeno che nella costituzione. O come in Nicaragua dove i vescovi si oppongono fieramente alla cancellazione dell’articolo 204 del codice penale che condanna al carcere gay e lesbiche.
È questa la “misericordia” a cui si riferisce monsignor Negri?
La rigida verità dogmatica di monsignor Negri colpisce i diritti degli omosessuali non solo nella dignità, ma offre un rinnovato sostegno morale a coloro che li aggrediscono e li discriminano. Quando si predica il bene non si può essere così ciechi da non capire le gravi conseguenze di parole dette con tanta leggerezza.
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