Il generale, i gay e la carriera «Chi dice la verità ci rimette»

  

L’ex capo di Stato Maggiore Mini: omosex anche ai vertici
ROMA «NELL’ESERCITO italiano resiste il mito del macho, l’uomo duro tutto di un pezzo, ma nella mia lunga carriera ho riscontrato moltissimi gay a tutti livelli, anche fra i vertici come i generali». Così il generale Fabio Mini, ex capo di Stato Maggiore del Comando Nato delle forze alleate Sud Europa, al programma KlausCondicio, il salotto televisivo di Klaus Davi, in onda su YouTube. «Alcuni generali ha spiegato hanno promosso i loro favoriti e agevolato la loro carriera. Ma intendiamoci, il favoritismo non ha colore né sesso: lo stesso accade con generali che hanno promosso soldatesse con le quali avevano una relazione. Favoritismo e paternalismo sono una delle cose più brutte che ci possono essere in qualsiasi contesto». COMUNQUE, ha aggiunto, «un soldato o un generale potrebbero anche dichiarare la propria omosessualità, ma probabilmente non avrebbe le stesse chances di carriera di un gay non dichiarato, perché nelle forze armate la mentalità è ancora molto chiusa e ristretta. Non vedo nulla di strano nel fatto che la gente lo nasconda». Il generale ha proseguito: «Se nelle apposite commissioni di valutazione una informativa dice che un generale o un colonnello che deve essere promosso è gay, ma vive questa sua vita in modo normale, probabilmente non verrà penalizzato molto; ma un po’ si, dico la verità. Fra uno che vive in modo sobrio la propria omosessualità e uno che la ostenta, credo che il secondo potrebbe venire penalizzato. L’esercito ha un controllo molto stretto delle vite dei soldati, anche personale. Ma è un’esigenza di sicurezza necessario». NEL CORSO del programma, il generale Mini ha anche fatto qualche esempio: «Se un capitano omosessuale in caserma arriva a dare fastidio ai commilitoni, allora non si tratta di vita privata ma pubblica. Ma lo stesso vale anche per il soldato o il capitano che molesta le soldatesse». «Generali, ufficiali, sottufficiali e soldati hanno una vulnerabilità alla sicurezza. Possiamo essere manipolati ha detto Mini , ricattati se messi conoscenza di cose che non devono essere divulgate. La sicurezza del servizio richiede un certo comportamento o appartenenza a determinati ambienti. Ma questo vale anche per gli eterosessuali». Sul caso interviene Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia: «Le dichiarazioni del generale Mini sui gay nell’esercito evidenziano come l’Italia sia a tutti gli effetti malata di arretratezza culturale e politica». E per Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay e Nicola Cicchitti, presidente Polis Aperta sottolineano «le difficoltà che vivono i gay nell’esercito» e quelle dei «soldati costretti al silenzio rispetto al loro orientamento sessuale per evitare intoppi di carriera».


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