Non c’è pace per le donne sul palco dell’Ariston

  

di Ombretta Grasso
Sanremo. Se siete tra coloro che hanno dormito sonni tranquilli, infischiandovene bellamente del giallo del giorno – Belen aveva le mutande o no? -, non continuate a leggere. Perché di slip, boxer, ammiccamenti a buon mercato si discetta seriosamente ormai da mercoledì sera dopo aver ammirato il lato sexy della soubrette più amata dagli italiani generosamente esibito.
Dopo il delirio a ruota libera di Celentano per sopravvivere a questo Sanremo interminabile e noioso (e pure con tante brutte canzoni) bisogna pure inventarsi qualcosa. Così, la più furba di tutte, gioca a fare la maliziosa e svela consapevole il volgarotto tatuaggio inguinale. Quanto basta per dimenticare i greci che cercano cibo nella spazzatura, lo spread, l’art. 18, i declassamenti a raffica, e soprattutto la mancanza di lavoro – e quindi di futuro – del 31% degli italiani, soprattutto giovani e soprattutto donne. Sorelle, figlie, cognate, amiche, vicine di casa, donne.
Appurato che sua beltà indossava un body color carne, il vertiginoso spacco, oltre a seppellire il buon gusto, ha comunque creato l’ennesima (inutile?) polemica sull’uso del corpo femminile. Il ministro Fornero chiosa: «Come donna qualche volta mi sono sentita offesa dalla televisione. Credo che abbia dato spesso cattivi esempi», mentre la senatrice Giuliana Carlino, capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione Lavoro, precisa «al ministro delle Pari opportunità chiediamo di occuparsi meno della forma e più della sostanza». E in effetti più che sulla forma della mutanda, lo scivolone è forse sullo stile che cerca di soddisfare un pubblico viziato da parolacce, commedie pecorecce e colpi di scena, appunto la formula di questo Festival. Se Sanremo continua ad essere la fotografia dilatata del Paese siamo messi male: poche idee, turpiloquio spinto, predicozzi, insulti a giornali e giornalisti, sgangherati teatrini dell’assurdo e le solite quintalate di bellone da perfetta “era Olgettina”.
Niente moralismi, avvezzi come siamo alla nostra dose quotidiana di eros o trash o urla, ma siamo sicuri che tutto questo renda il Festival migliore o addirittura ci faccia divertire? «Altro che Belen, io porto i mutandoni di Bridget Jones», confessa Emma Marrone. Per la giovane cantante «ognuno è libero di fare quello che vuole. Io quando accendo la tv so cosa voglio guardare. Non mi scandalizzo di nulla. Seguo Amici e C’è Posta per te – racconta mescolando diavolo e acqua santa – i tg e i documentari sulla natura. Il ministro non guarda la tv da tre mesi? È un problema suo». Per par condicio, c’è pure la polemica dell’Arcigay che si lamenta della gag del matrimonio gay dei soliti idioti e della battuta di Morandi, «preferivo Belen».
Intanto, le chiacchiere nella piazza virtuale si sprecano. Come Erich67 che sentenzia: «Sono più ben spesi 500mila euro per Celentano che 5 per queste due ignoranti Canalis e Belen». E invece Luto57: «Togliete tutti, basta solo Belen a far alzare lo share. Le donne che criticano sono solo invidiose». Eppure anche a Sanremo ci sono ragazze bellissime (sexy e pure un po’ maramalde), come la campionessa Federica Pellegrini, che fanno la testimonial per un marchio di biancheria intima e cercano di riciclarsi per il futuro nel mondo dello spettacolo, ma vincono Mondiali e Olimpiadi e lottano ogni giorno con i loro limiti – in vasca e nella vita – senza arrendersi.


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