Ci sono froci in squadra?

  

«Sono froci? Problemi loro, me la sbrigo così, sennò mi attaccano da tutte le parti. Son froci, se la vedessero loro. Mi auguro che non ci siano veramente in Nazionale». Ecco cosa può accadere ancora oggi: un calciatore della Nazionale che, nel corso di una conferenza stampa e nello spazio di qualche minuto, utilizza per ben tre volte il rozzo epiteto «froci» per indicare le persone omosessuali, augurandosi di non trovarli in Nazionale, supportato dalle agghiaccianti risate di una platea, composta per la maggior parte da giornalisti. Poi non accade più nulla o quasi, se non qualche editoriale, le critiche delle associazioni omosessuali e le scuse di prammatica, con il consueto ritornello del fraintendimento. Tace il Presidente della Repubblica, che continua a complimentarsi con la Nazionale, tace Prandelli, tace la Figc, tace l’Ordine dei giornalisti e la Federazione della Stampa. Alla fine tutto archiviato: ci sono le partite, bisogna sventolare il tricolore, siam tutti italiani e un po’ di sano e verace razzismo non guasta, anzi fa colore e crea identità. Chi è Cassano? È una spia della nostra società: ci avverte in quale italietta stiamo vivendo, dove è normale insultare e calpestare la dignità delle persone e farla franca; dove le battute omofobe cementificano il conformismo alla mediocrità becera e volgare, contribuendo alla disumanizzazione di alcune categorie di uomini e donne. Poi non meravigliamoci se picchiano per strada un omosessuale, Guido Allegrezza, (come è accaduto a Roma il giorno seguente alle dichiarazioni di Cassano), se un senatore della Repubblica, Carlo Giovanardi, paragona il bacio tra due ragazze al fare pipì per strada, se un presidente di una squadra di calcio dilettantistica di Trieste, Ezio Peruzzo, dichiara che se avesse scoperto di avere un gay nella sua squadra, lo avrebbe cacciato. E gli esempi possono continuare all’infinito. È questo il paese in cui viviamo: il regno dell’impunità e delle battute sessiste, razziste e omofobe, il regno di una classe politica incapace di fare una legge che contrasti l’omofobia e riconosca i diritti fondamentali alle persone e alle famiglie omosessuali. Un paese allenato a girare la testa dall’altra parte, a vivere in quella “zona grigia”, che Primo Levi ha descritto nel suo ultimo libro, abitata da chi vede e non dice nulla (anzi ride) e soprattutto da chi dovrebbe intervenire ma preferisce stare alla finestra, o meglio, decide di chiuderla.
Davide Zotti Circolo Arcobaleno Arcigay Arcilesbica


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