L’ex sacerdote attivista gay «La Chiesa è omofoba, Dio no»

  

La lettura di un passo da “Il dono dello smarrimento”, ultimo libro di Franco Barbero, ha aperto l’incontro-intervista di giovedì sera all’Arci Virgilio, organizzato in collaborazione con l’Arcigay mantovano. È proprio un positivo senso di smarrimento che si prova ascoltando le parole dell’ex sacerdote e attivista. Don Barbero (così continua a farsi chiamare nonostante sia stato ridotto allo stato laicale sotto il pontificato di Giovanni Paolo II ) ha raccontato ai presenti il suo cammino interiore che l’ha portato ad una profonda critica della dottrina e del magistero della chiesa cattolica. Il tema principale affrontato con Barbero è stato il rapporto fra omosessualità e mondo cattolico e sulla possibilità di una loro coesistenza: «Se la stessa domanda mi fosse stata posta all’inizio del mio sacerdozio avrei decisamente risposto di no – ha affermato l’ex sacerdote – un percorso nel profondo della mia coscienza, iniziato nei primi anni ’60, mi ha fatto avvicinare alle persone. Attraverso l’ascolto ho capito che l’interrogazione sincera dei propri sentimenti e la difesa del diritto di essere se stessi è non solo primaria, ma anche profondamente evangelica: Dio ci vuole felici ed è amico della nostra natura, qualsiasi essa sia. Dopo questa presa di coscienza nel ’78 ho celebrato il mio primo matrimonio gay e ad oggi la mia risposta non può che essere un sì. Quando incontro una persona non mi chiedo qual è la sua inclinazione sessuale, ma se è una persona felice e se vive una vita onesta». Da questa riflessione nasce anche il dissenso verso la chiesa: una struttura gerarchica malata, maschilista e patriarcale. Molte le critiche mosse da Barbero tra cui quella al celibato, che se imposto crea inutili frustrazioni e deve invece poter essere una libera scelta, e alla negazione alle donne di poter far parte dei ministeri della chiesa. Da molto anni studioso della Bibbia, Barbero ha denunciato un uso strumentale che la Chiesa farebbe delle sacre scritture: «Usare le parole della Bibbia per veicolare e giustificare falsi dettami è un segno di ignoranza. Non si possono estrapolare versetti a caso senza contestualizzarli nel periodo storico in cui l’opera è stata scritta. Sicuramente la società del tempo era costruita su un assetto patriarcale e maschilista, ma questo non vuole dire che la parola di Dio inneggiasse all’omofobia e alla sottomissione femminile». L’incontro si è concluso con il racconto di don Barbero delle vicende che l’hanno portato nel 2003 alle dimissioni definitive dallo stato clericale: «Non provo rancore verso la Chiesa. Molte volte mi è stato chiesto di ritrattare le mie affermazioni, offrendomi anche denaro per fare un passo indietro. Io continuo a fare il sacerdote perché credo nella Chiesa come popolo di Dio, credo in una Chiesa libera dove tutti vengono accolti ed ascoltati». E nel rammarico per la rottura con il Vaticano, Barbero lascia tutti con un messaggio di grande apertura: «Questa esperienza da una parte ha chiuso una piccola porta, ma mi ha aperto una grande finestra sul mondo, quella dell’uguaglianza». Valentina Voltolini


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