L’escalation provocata dall’intervento a gamba tesa della Curia di sabato pomeriggio ha portato il livello della discussione sul Registro delle Unioni civili al punto più basso proprio il giorno in cui la Delibera arriva in discussione in Consiglio Comunale.
Come si scopre dalla stampa, la volontà dei cattolici di entrambi gli schieramenti di emendare la definizione di “famiglia anagrafica” del DPR 223/89 in “unione di due persone” fa capire che siamo di fronte a paure ancestrali al limite della paranoia e ad avvisaglie di incompetenza conclamata senza precedenti. Un regolamento comunale non può modificare o emendare una legge nazionale. Si tratta dell’ABC sulle Gerarchie delle fonti del diritto di un qualsiasi Corso di Diritto Costituzionale.
Marco Mori, presidente del CIG Arcigay Milano dichiara: la Prof.ssa D’Amico, baluardo dei diritti civili, dovrebbe aggiornare con una presentazione elementare i suoi colleghi che forse sono più pratici di libretti dei canti che di manuali di Diritto pubblico.
A prescindere dai fini ragionamenti è chiaro a tutti che la paura più grande è accostare il termine famiglia al termine omosessuale. Come se gli omosessuali non avessero una famiglia o non fossero capaci di formarne una. Lo trovo offensivo, e trovo offensivo che esponenti della maggioranza considerino queste osservazioni dei miglioramenti alla delibera. Sono degli insulti.
Da un punto di vista laico e sociologico famiglia è quella struttura sociale i cui membri sono uniti fra loro da legami di parentela, di affetto, di servizio o di ospitalità che vivono nello stesso ambiente domestico.E questo vale per tutti quelli che ci credono, etero o gay.
I cattolici impegnati in politica hanno tre opzioni: iniziare a ragionare con la loro testa, studiare, oppure rassegnarsi e trasferirsi oltre il Tevere. Le famiglie formate da coppie omosessuali esistono e sono tante. Se non ci si iscrive nei Registri è perché il contesto omofobico in cui tanti di noi vivono impedisce di essere visibili per paura di aggressioni e discriminazioni e perchè le altre amministrazioni hanno fatto del registro solo un atto simbolico, cosa che invece non si vuole fare a Milano.
E’ chiaro invece che, se il registro non parlerà di famiglia includendo anche le persone omosessuali, non solo non sarà uno strumento di reale disponibilità per i cittadini, ma di fatto perderà anche qualsiasi valore simbolico per la comunità lgbt.