Pubblichiamo, per il suo importante valore di testimonianza, la trascrizione di tutti gli interventi dal palco di Bologna Pride 2012 che una volontaria ci ha gentilmente fatto pervenire. Li ha trascritti per un gruppo di sordi.
A lei va il sentito ringraziamento dell’associazione.
Stefano Bolognini, ufficio stampa Arcigay
Bologna Pride, trascrizione degli interventi dal palco.
[Nota: i file audio utilizzati provengono dalla diretta di Radio DeeGay; alcuni interventi sono tagliati, nella prima o nell’ultima parte, a causa della gestione della diretta da parte dei conduttori]
Amnesty International, Riccardo Nuri.
Grazie. [At voi ben (ti voglio bene?)] Bologna! Grazie di essere così in tanti! Grazie da parte di Amnesty International per essere qui in questa giornata in cui abbiamo dimostrato che si può essere solidali senza necessariamente avere la testa bassa, averla alta e guardare avanti. Vi do una buona notizia: per la prima volta il Pride di Spalato, in Croazia, si è svolto; si è svolto bene, si è concluso, con tanta, tanta gente che vi ha preso parte e con la polizia della Croazia che ha fatto il suo dovere, che è quello di proteggere i cittadini, soprattutto proteggere gay, lesbiche, bisessuali, transgender dalla violenza, molto diffusa in quel paese. Amnesty International ha lanciato ieri un appello, che poi vi descriveremo, ma intanto voglio dirvi che è stato firmato da oltre 300 persone ogni ora; abbiamo raggiunto più di 3000 firme soltanto online, sul sito amnesty.it e tantissime altre, migliaia e migliaia ne sono state raccolte oggi da Amnesty International. Grazie a tutti e a tutte coloro che hanno firmato questo appello. Vorrei chiamare sul palco i nostri ospiti internazionali, che ci racconteranno quanto la lotta per i diritti umani di gay, lesbiche, bisessuali, transgender, intersessuati, sia una lotta dura, ma che con coraggio si può vincere. Amari Fezani, della Pink Embassy, Tirana, Albania [/]
Vladimir Luxuria.
[/] [enorme enfasi, voce forte, urlando] per ritornare a dire al mondo intero uno slogan vecchio: “One family”. No, cari amici! Non esiste una famiglia! Esistono tante famiglie per quante coppie si vogliono bene e hanno un progetto di vita in comune! No, cari miei! Non esiste una famiglia! Esistono un milione e trecentomila persone in Italia che convivono stabilmente, dello stesso sesso! No, cari amici! Esistono le famiglie dell’Agedo, le famiglie dei nostri genitori che ci amano per quello che siamo; esistono le famiglie arcobaleno che hanno i figli e che hanno smesso di preoccuparsi di quello che pensa il vicino di casa, ma che si preoccupano solo se i loro figli hanno fatto i compiti in casa. Esistono le famiglie degli italiani che hanno detto all’Istat, sette italiani su dieci, che noi abbiamo diritto ad avere gli stessi diritti degli altri. Questa è l’Italia che ci piace! Tante famiglie, tanti colori, [tono tranquillo] e soprattutto adesso, invitiamo, perché vedete, nonostante tutto, io credo che noi siamo dalla parte giusta della storia, e quindi il messaggio che deve partire da questa meravigliosa piazza, e io credo che noi dobbiamo fare un applauso al comitato organizzatore del Bologna Pride, che si è ritrovato a riorganizzare il tutto subito dopo che sono successi i terremoti, dimostrando grande serietà, grande maturità e grande sensibilità; [forte enfasi, voce piena] e quindi, popolo di Bologna… In alto i nostri cuori!!!
Vladimir Luxuria [dal palco].
Vorrei, prima di presentare il prossimo ospite, che questa piazza faccia un applauso a una persona che sicuramente sarebbe stata qui con noi, che è la grande Marcella Di Folco. [applausi dalla piazza] E adesso! Invito a salire sul palco del Bologna Pride in qualità di presidente Arcigay Cassero nonché coordinatore di questa grande manifestazione, quindi del comitato Pride bologna 2012, Emiliano Zaino!
Arcigay Cassero Bologna, Emiliano Zaino.
Ho pensato molto a come salutarvi, oggi, qui, perché siete tanti, siete veramente tantissimi ed è bellissimo essere qui insieme a voi. Per la prima volta, in questa piazza, che è stata protagonista di molti eventi storici, come la Liberazione, che ha visto lottare Bologna in prima linea come città antifascista e partigiana [applausi dalla piazza] …[sorridendo] se lo merita l’applauso; come le lotte sindacali, e ancora, a pochi passi da qui, la lotta studentesca; e oggi, finalmente, noi! La nostra comunità, finalmente qui, in questa piazza. È la storia di un amore, quello fra la comunità LGBT e la città di Bologna, con un corteggiamento iniziato più di trent’anni fa, che ha visto i suoi primi frutti nella presa di Porta Saragozza: trent’anni fa nasceva il primo risultato di questo confronto positivo instaurato fra l’amministrazione comunale e la comunità LGBT. Il Cassero di Porta Saragozza è stato il primo spazio pubblico ottenuto da un’associazione LGBT in Italia, esattamente trent’anni fa [applausi dal pubblico]. Per questo, dobbiamo dire grazie a chi ha permesso che questo processo avesse inizio e proseguisse fino a portarci qui. [/]
Sindaco di Bologna, Virginio Merola.
Benvenuti a Bologna! Sono felice che Bologna possa ospitare, ancora una volta, il Pride, e lo faccia quest’anno qui, in piazza Maggiore, nel cuore della nostra città. Permettetemi per prima cosa di rivolgere un saluto particolare e di dare il benvenuto a Bologna al signor Zamudio, padre di Daniel Zamudio [applausi scroscianti dalla piazza]: la notizia della morte di Daniel ha fatto il giro del mondo, scuotendo l’opinione pubblica e spingendo il Cile ad approvare una legge contro le discriminazioni, subito ribattezzata Legge Zamudio [applausi]. Voglio ringraziare gli organizzatori del Pride, e tutti voi, per avere modificato la manifestazione dell’orgoglio LGBT anche in un corteo dedicato all’orgoglio emiliano, che porta avanti le giuste rivendicazioni dei diritti della comunità LGBT, ma al tempo stesso esprime la vicinanza e la solidarietà concreta alle popolazioni colpite dal sisma, dal terremoto. È importante che abbiate messo in moto anche voi la macchina della solidarietà, attraverso i banchetti impegnati nella raccolta fondi; la vendita del Parmigiano Reggiano; la destinazione dei fondi per i carri che avrebbero dovuto seguire la parata alle tante persone che oggi sono rimaste senza casa e senza lavoro [applausi]. Anche attraverso il Pride 2012 Bologna è a pieno titolo tra le amministrazioni comunali che credono nell’affermazione dei diritti civili. Sostenere legami di libertà tra le persone senza discriminazioni è un elemento di forza per la qualità della convivenza urbana; ed è compito di una cultura democratica costruire legami di libertà e di responsabilità tra le persone. Sono sempre più convinto di ciò che vi scrissi un anno fa: le istituzioni pubbliche, compreso il Comune, possono e debbono sostenere le persone, aiutandole a rafforzare la propria capacità di costruire legami con gli altri in modo libero e aperto al bene comune. La dimostrazione concreta dell’impegno del Comune di Bologna a tutela dei diritti e delle pari opportunità e differenze di genere, contro qualsiasi forma di discriminazione basata sull’orientamento sessuale è la riapertura dell’ufficio Pari Opportunità e Tutela delle Differenze. Sul piano delle politiche istituzionali, dal 1999, il Comune di Bologna ha disposto, nel regolamento anagrafico, la possibilità di iscrizione anagrafica per le persone coabitanti, legate da vincoli affettivi, allo scopo di dimostrare, anche mediante rilascio di attestato, che coppie di persone conviventi, omosessuali ed eterosessuali, unite da vincoli affettivi, ma non legate da rapporti di matrimonio, parentela, affinità, adozione o tutela, costituiscono un unico nucleo familiare, in ragione dell’esistenza di vincoli affettivi [applausi]. Il Comune di Bologna aderisce alla rete delle amministrazioni che attuano politiche anti-discriminatorie, finalizzata allo scambio di buone pratiche istituzionali nel contrasto alle discriminazioni, sulla base dei trattati dell’Unione Europea. Sulla stessa base giuridica la Regione ha creato, per prima in Italia, un centro regionale contro le discriminazioni, al quale aderisce anche il Comune di Bologna, che agiscono nella lotta alle discriminazioni basate su sesso, genere, orientamento sessuale, etnia, disabilità, opinione politica o religiosa. Nel tempo, il sommarsi di queste pratiche e azioni positive ha fatto di Bologna una città aperta, e in prima fila nella lotta contro le discriminazioni. Trent’anni fa, voi lo avete ricordato, prendeva sede a Bologna il primo circolo gay italiano. Da allora molta strada è stata fatta. È ora necessario che il Parlamento approvi una legge contro l’omofobia e la transfobia [scroscio di applausi]. Vedete, cari amiche e cari amici, io sono un sindaco e vi assicuro che mi sto rendendo conto ogni giorno, guardando la situazione del nostro Paese, quanto sia importante per questo Paese il rispetto della legge, cosa che io comunque farò. E so come voi che la ragione e la valutazione concreta della situazione del nostro Paese ci dice che sarà un passo importante il giorno in cui il Parlamento Italiano riconoscerà, con una legge, le unioni civili [applausi, qualuno urla ripetutamente “Matrimonio!”]. Ma, e parlo pensando alle tante amiche e ai tanti amici bolognesi che conosco e che sono qui presenti, penso che debbano parlare anche le ragioni del cuore e tenere aperta una prospettiva di pieno riconoscimento dei diritti; è per questo che io credo, comunque, che sarà necessaria una legge che riconosca il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso [scroscio di applausi, veramente intenso] e vi auguro che quel giorno possa arrivare [dalla piazza alcune persone urlano: “Bravo!”]; lo dico con la speranza che il nostro Paese, su questo, e su altri temi ritrovi la capacità di convivenza, di tolleranza e di crescita civile di cui abbiamo tanto bisogno, e lo dico con una certezza, care amiche e cari amici: che la città di Bologna, che ha nel suo simbolo la parola Libertas, libertà, saprà contribuire alla ricostruzione politica, morale e civile della nostra Repubblica. Un saluto a tutti, e benvenuti a Bologna! [applausi]
Arcilesbica Bologna, Serena Donà.
[/] noi non smettiamo e non smetteremo di essere qui se quello che ci verrà proposto non avrà questo significato. Noi non abbiamo e non concepiamo logiche di partito che altro sono da noi, dove per ottenere qualcosa si è costretti a misurare le richieste e a contare le virgole; noi ci misuriamo con le nostre vite e con quelle dei nostri parenti e amici, e non abbiamo virgole da mettere in una frase così corta: “Tutto e subito!” [applausi]. “Tutto e subito” si traduce in una parola, che è “parità”, [enfasi] e la parità non ha una mediazione, non ce l’ha! Se parità significa oggi in Italia matrimonio oppure adozioni, allora dovremo volerle e sostenerle, con quel nome e con quel cognome, anche se potrebbe essere un’ipotesi lontana dalle nostre scelte personali. Ci aspetterà un anno di discussioni e di riflettori puntati su questi temi; le pressioni esterne fatte all’Italia, e quelle interne, ci porteranno a intravedere un traguardo, o almeno lo speriamo; forse dovrete tirare fuori di nuovo le bandiere e gli slogan che oggi avete preso in mano e [enfasi] scendere in piazza! [applausi] E il movimento sarà chiamato nuovamente a misurarsi con la sua maturità: troppe volte la frammentazione interna ci ha depotenziato; fa scaricare un’onda prima ancora che arrivi a riva, che si infranga. Troppe volte si perde di vista il fine e ci si perde tra le buone e le cattive pratiche. Sono praticamente quarant’anni che carichiamo quest’onda: e perché questa possa spazzare via il vecchio e l’ipocrisia abbiamo bisogno di tutti voi. E non solo. Abbiamo bisogno di tutto il movimento, però per una volta: insieme. [applausi]
Movimento Identità Transessuale, Porpora Marcasciano
Orgogliose! E favolose. “Tutto nasce dall’orgoglio”, recita il manifesto del nostro Pride, spero l’avete visto e l’avete guardato bene. Non so quanti in questa piazza conoscono e sanno di quell’orgoglio ferito, calpestato, ma favoloso, che qualche tempo fa portò un gruppo di transessuali a ribellarsi contro i soprusi e le violenze. Succedeva a New York, nel lontano, lontanissimo 28 giugno 1969. E non so quanti sanno di quell’orgoglio altrettanto favoloso che nel 1982, esattamente trent’anni fa, dopo anni di soprusi e di violenze ci permetteva di ottenere una legge, la 164: un primo e importante passo nel riconoscimento delle persone transessuali. Non so quanti sanno di quell’orgoglio che nel giugno di trent’anni fa ci fece richiedere -e ottenere- il Cassero come spazio libero e liberato di tutta la comunità: transessuale, lesbica, omosessuale. Uno spazio che abbiamo sostenuto con orgoglio in una battaglia in cui c’eravamo tutte, ma proprio tutte, a riprenderci tempi e spazi della nostra storia. È una grande storia, che spesso dimentichiamo di avere: è quella grande storia fatta di urla, per riempire il silenzio; di corpi esultanti, per riempire il vuoto; di pugni, per stringere forte la nostra vita. Non dimentichiamolo mai, perché è stata ed è tuttora quella lotta che ci permette di essere vive e vivi in un Paese come l’Italia in cui si tenta sempre e comunque di sottrarci spazio, diritti, dignità, orgoglio [applausi]. Un’Italia che è stata richiamata dall’Europa e dall’ONU perché i crimini e la violenza transfobica e omofobica hanno superato abbondantemente i livelli di tollerabilità. Non dimentichiamolo mai perché noi, e solo noi, trans, lesbiche, gay, possiamo e dobbiamo difendere la nostra vita e la nostra dignità con quell’orgoglio e con quella nostra grande storia che ci porta qui, in questa piazza, a festeggiare il Pride. Una festa quest’anno più sobria, che ha subìto molte scosse: quelle forti del terremoto, qui, vicino a noi, e quelle intorno a noi, altrettanto forti, della crisi che attanaglia il mondo e di cui i fragili -e non i forti- stanno pagando le atroci conseguenze [applausi]. Rifiutiamo l’idea che di fronte alla tragedia bisognerebbe moderare i toni della protesta: quella è nostra ed è sacrosanta; e se abbassiamo i nostri, i nostri nemici sicuramente alzeranno i loro. Ribadiamo che siamo vicini e solidali con la popolazione colpita, ma siamo indignati con quei poteri, con quelle logiche che stanno risucchiando le nostre vite. Nonostante l’antico tentativo di emarginarci e di collocarci fuori, nel silenzio, come transessuali ci sentiamo parte viva -e soprattutto sana- dei contesti in cui viviamo; ne facciamo parte, sia localmente che globalmente. Siamo parte integrante e, permettetemi di dire, preziosa, di questa città, di questa regione; e per questo siamo tutti feriti. Siamo parte integrante di questo pianeta offeso, ferito, e per questo, come persone transessuali, fragili socialmente, che pagano salatamente i costi della crisi, siamo tutte indignate [applausi]. La festa, come quella di oggi, ci ha sempre caratterizzato, proprio perché essa ci è stata sempre strappata e sottratta; ma finché la festa non diventi uno stanco rituale melenso e triste, dobbiamo tornare a riempirla di contenuti: dobbiamo riuscire a distinguere il tempo della festa e quello della lotta. Insieme la festa e la lotta sono il nostro orgoglio [applausi]. Per questo Pride, con orgoglio, voglio ricordare una persona veramente orgogliosa, che sarebbe stata orgogliosamente su questo palco: Marcella Di Folco, a cui abbiamo dedicato questa giornata. Grazie e buon Pride [applausi].
Vladimir Luxuria:
E adesso è arrivato un momento per me molto importante [pausa], perché diamo la parola a una persona che non soltanto fa parte del Comitato Bologna Pride 2012, ma rappresenta tutte le persone che ci vogliono bene: amici, parenti, genitori di gay, lesbiche e trans. In rappresentanza dell’Agedo: Flavia Madaschi! [applausi – dalla piazza coro: “Fla-via! Fla-via! Fla-via! Fla-via!”]
Agedo, Flavia Madaschi.
Chi è nato a Bologna, o vive a Bologna, sa quanto sia importante questa piazza. Questa piazza è il cuore della città: ha visto le più importanti rivendicazioni politiche e sindacali, ma anche testimoniato momenti tragici come quello che tutta l’Emilia sta vivendo in questo momento col terremoto. Oggi, in questa piazza, ci siamo noi: ma non siamo qui solo a festeggiare, come pensano tante persone: questo Pride non dimentica chi è morto, chi si trova senza casa o senza lavoro. E come hanno già detto altri prima di me, abbiamo cercato anche noi di dare il nostro contributo in maniera concreta. Il Pride non è solo una festa, e questo non ci stancheremo mai di dirlo. Il Pride significa mesi di lavoro, che hanno visto coinvolta tutta la cittadinanza in conferenze, dibattiti, proiezioni di documentari, mostre fotografiche e tanto altro. Una piattaforma politica e rivendicativa in cui nuovamente si chiedono diritti ancora negati, tra cui l’estensione della legge Mancino contro l’omofobia; il riconoscimento di pari diritti alle coppie dello stesso sesso; e il matrimonio, e sottolineo, il matrimonio! [applausi] Sarebbe sufficiente leggerla, per capire cosa vuol dire il Pride e per capire quante persone hanno lavorato facendo volontariato. Per quanto riguarda noi genitori, avrei potuto riprendere l’intervento che feci al Bologna Pride del 2008: in questi quattro anni non ho visto grandi cambiamenti. Noi genitori continuiamo a restare invisibili: e se dovessi contare quelli presenti in questa piazza, ci metterei veramente molto poco. Diventiamo genitori quando i nostri figli nascono, però nel momento in cui ci dicono che sono omosessuali sembra che scatti la data di scadenza: di colpo non siamo più genitori. Eh no! [applausi da qui in avanti] Non funziona così! Noi siamo e restiamo genitori tutta la vita: le loro lotte devono essere le nostre lotte! Sono sempre più convinta che se a scendere in piazza per i diritti dei nostri figli ci fossimo anche noi genitori, i risultati sarebbero diversi. Se fossimo noi ad andare a manifestare contro chi si permette di insultarvi, qualcosa cambierebbe. Ma noi preferiamo stare a casa, a piangere, a chiederci dove abbiamo sbagliato, a disperarci, perché questa società vi considera diversi, o malati. E non pensiamo che potremmo essere noi a cambiare questa società, stando al vostro fianco, e dimostrando che non c’è vergogna nell’avere dei figli omosessuali o transessuali [scroscio di applausi]. Noi potremmo veramente cambiare qualcosa [/]
Ivan Zamudio [Trascrizione della traduzione dallo spagnolo in italiano vocale, letta].
[/]Vorrei non si verificassero mai più, né in Cile, né nel mondo intero, discriminazioni basate su orientamento sessuale, credenze religiose e condizione sociale. [applausi]
Chiedo rispetto, amore e affetto perché siamo tutti uguali, anche se i nostri comportamenti sono differenti e i nostri ideali diversi: siamo persone, e in quanto tali esigiamo i nostri diritti.
L’appoggio dello stato cileno è stato molto importante per la nostra famiglia: l’approvazione della legge anti-discriminazione, chiamata Legge Zamudio, al di là del fatto che non abbia avuto un effetto diretto sulla nostra vicenda personale, è di fondamentale importanza e da oggi in poi un strumento di difesa contro ogni tipo di discriminazione nel nostro paese. [applausi]
Mi sento molto onorato di essere oggi qui tra voi, invitato da Rita [De Santis, ndr] e dall’associazione Agedo nel vostro Paese. Spero riusciate a trarne vantaggio e che raggiungiate i vostri obiettivi riflettendo sulla mia esperienza, affinché nel mondo nessuno mai più subisca le barbarie toccate a Daniel. [scroscio di applausi]
Come ultima considerazione spero che la culla dove possa nascere questa legge anti-discriminazione sia proprio qua, a Bologna. [applausi]
Arcilesbica nazionale, Paola Brandolini.
[/] …nelle nostre comunità, nonostante tutto; nonostante la paura, le discriminazioni, le offese; nonostante a volte la violenza, noi, lesbiche, gay e trans, in questi quarant’anni abbiamo creato per noi stessi e per le intere collettività che abitiamo più accoglienza dove c’era rifiuto, conoscenza dove c’era ignoranza, condivisione dove c’erano ostilità o indifferenza [applausi]. E lo abbiamo fatto attraverso il nostro [enfasi] coraggio, la nostra fiducia, il nostro desiderio, la nostra cultura, la nostra resistenza e anche attraverso [maggiore enfasi] la nostra organizzazione, oggi l’abbiamo dimostrato! [applausi] Noi abbiamo costruito e contribuiamo a costruire la parte migliore della società di questo Paese. Ma quarant’anni, anzi, oltre sessanta, perché la lotta per ricostruire un paese civile inizia nel dopoguerra in Italia, sono troppi perché uno stato civile e democratico continui a delegare in toto ai cittadini la salvaguardia e la costruzione della dignità della loro vita, continuando a discriminare in modo sistematico un intero gruppo di persone, giustificandosi, e abdicando troppo spesso al suo dovere di laicità per sposare, di fatto, la morale religiosa dello Stato estero che a volte sembra governare questo stesso nostro Stato! [applausi] Basta dunque! Basta con l’ipocrisia, basta con le scuse, basta con le collusioni ideologiche, basta con l’illegalità della discriminazione: vogliamo pari diritti e una liberazione piena subito! [applausi] Grazie e buon Pride! [applausi]
Famiglie Arcobaleno, Giuseppina La Delfa.
Buonasera a tutti! Voglio cominciare col ringraziarvi per essere venuti qui così numerosi, e poi voglio ringraziare le famiglie arcobaleno, che oggi sono venute con i bambini dietro, con la paura anche di qualche scossa che per fortuna non è arrivata. Quest’anno, contrariamente al solito, non abbiamo aperto il corteo col trenino, perché abbiamo voluto fare un gesto concreto: abbiamo devoluto i soldi del noleggio alla ricostruzione, perché siamo venuti anche per testimoniare la nostra vicinanza alle popolazioni colpite dal terremoto [applausi]. Ma siamo venuti qui oggi per dare voce e corpi alle nostre vite, e per testimoniare per l’ennesima volta della nostra vitalità e della nostra forza. Siamo venuti per ribadire a voce alta, e forte, la nostra dignità di persone; la forza delle nostre coppie, la bellezza delle nostre famiglie. Siamo venuti anche per dirci con chiarezza che senza pari diritti e pari tutele saremo sempre i bersagli e le vittime dell’ignoranza e della violenza, verbale e fisica, di fondamentalisti di ogni bordo. Tre giorni fa, l’ottavo Paese europeo, la Danimarca, ha detto sì al matrimonio civile per le coppie omosessuali [applausi]; la Danimarca è il primo Paese in Europa ad avere tutelato l’omogenitorialità legiferando perché i figli potessero essere legalmente adottati dai compagni dei genitori naturali: questo è successo nel 1999! Nel secolo scorso! [applausi] E oggi noi in Italia continuiamo a essere semi-clandestini! Abbiamo diritto ad esistere, sì, ma con delle limitazioni: in silenzio, con discrezione, senza pretendere di avere una vita di coppia felice, senza mettere in mostra i nostri affetti familiari, senza pretendere di avere dei figli o di volere metterli al mondo; certo, siamo qui liberi di camminare, di ballare nelle feste di periferie, liberi di fare sesso con chi vogliamo nelle stanze delle nostre case, o nelle dark room delle discoteche. Ma se pretendiamo vivere alla luce del sole i nostri amori, se pretendiamo tutelare le nostre famiglie, allora ci troviamo di fronte i muri del diniego, l’aggressività omofoba, e a volte, i calcoli personali e l’interesse di pochi [applausi]. Oggi vi esorto ad avere rispetto di voi stessi; vi esorto a pretendere ciò che vi spetta; vi esorto a essere degni di tutti quelli che sono perfino morti per la dignità che sognavano per ognuno di noi [applausi]; abbiamo il dovere di batterci non solo per noi stessi, ma per tutti gli altri. Abbiamo il dovere di chiedere la piena e totale parità, e cioè il matrimonio civile, compresi tutti i diritti e i doveri relativi ai figli. I figli che sono non solo il nostro orgoglio, ma la nostra voce, di oggi e di domani; che sono la più bella testimonianza dell’amore e delle responsabilità che sappiamo prenderci; che sono il regalo della vita che ci siamo preso, perché era il nostro sogno e l’abbiamo realizzato, malgrado il diniego, malgrado le difficoltà di ogni giorno, in un Paese che insiste a negare la bellezza e la forza dei nostri amori e dei nostri impegni [applausi]. Ognuno di noi deve essere responsabile per l’altro; ognuno di noi deve battersi perché chiunque, qui, possa scegliere davvero la vita che vuole avere e possa tutelare e vivere a testa alta i propri affetti [applausi]. Se capiamo, una buona volta, che la mia libertà di scelta è la nostra libertà, la libertà di tutti a scegliere quello che si vuole, vinceremo insieme. Grazie. [applausi]
Arcigay nazionale, Paolo Patanè.
E in qualche modo a me tocca provare di chiudere quest’incontro, non soltanto ricordando che il Pride è un insieme di eventi, è un insieme di cose e che oltre dopo Bologna ci sarà il Pride a Torino il 16, il Pride a Roma e a Palermo il 23 di giugno, e poi il Pride a Cagliari e Catania il 30 e il Pride a Viareggio il 7 di luglio. Ma in qualche modo mi piace sottolineare che la trama di questo film, che oggi sembra concludersi, in realtà ha un inizio antico e non finisce qui, ma questa piazza dimostra, in queste circostanze che non erano assolutamente facili, che questo Pride lascerà un’impronta importante nella storia di questo Paese. Trent’anni fa il Cassero, e quella libertà, quella libertà straordinaria che oggi noi viviamo, qui in questa città, ma anche in questo Paese, nonostante tutto, quella libertà della società, non della politica. Questa libertà ha dei nomi e dei volti: e questi nomi e questi volti sono qui, oggi, su questo palco, idealmente: alcuni non ci sono più, alcuni sono già ricordati, Marcella Di Folco; ma io penso a Lola Pugnales, a Stefano Casagrande, a Franco Grillini, a Vanni Piccolo, ad Angelo Pezzana, a tante persone, e alla Valerie Taccarelli, a Porpora Marcasciano; queste persone che con la loro vita, i loro volti, le loro storie, con la loro biografia hanno contribuito a costruire la biografia della libertà in questo Paese. E se oggi noi possiamo dire -e lo possiamo dire realmente- che la società in Italia è più avanzata della politica che la rappresenta, è perché noi nella società [enfasi estrema] abbiamo vinto! [applausi – continua enfasi] E se oggi noi possiamo dire che siamo noi la chiave di lettura che dimostra perché la società non si riconosce in questa politica, se oggi noi lo possiamo dire, è perché la distanza della politica dalla società, che noi sottolineiamo, e che noi rimarchiamo; questa distanza non è solo una distanza dai nostri diritti, dalle nostre vite e dalla nostra realtà, ma è una distanza da tutto il Paese. Ecco perché, in nome di quei trent’anni di storia con cui il Cassero ha contribuito a cambiare non solo Bologna, ma tutta l’intera nazione italiana, in nome di questi trent’anni noi oggi abbiamo un dovere: un dovere che è storico, un dovere che è politico, un dovere che è etico, di non rimanere indietro rispetto alle vite di coloro che ci hanno preceduto e ci hanno consegnato questa libertà: questo dovere significa che la nostra battaglia per l’eguaglianza è una battaglia che ha una storia solida; è quella battaglia che da duecento anni attraversa l’Europa e che ha visto testimoni le donne, le persone di colore, gli ebrei: [enfasi] oggi tocca a noi! [applausi] E noi dimostreremo, e continueremo a dimostrare alla politica, che questa sfida la portiamo avanti fino in fondo. Pensate, nel 2013 saranno cento anni, cento anni dalla nascita di Rosa Parks: una persona, anche lei, che ha contribuito a cambiare il mondo. E se oggi c’è un Presidente degli Stati Uniti che si chiama Obama, un uomo di colore, è perché c’è stata Rosa Parks. E allora io mi rivolgo alla politica, e mi rivolgo ai partiti, e permettetemi, soprattutto ai partiti di sinistra, a coloro che dicono di voler essere [enfasi sulla parola] progressisti [applausi]: ricordatevi, un giorno Rosa Parks in quell’autobus si rifiutò di alzarsi. Il conducente la fece arrestare. Molta gente le disse: “Hai ragione, però forse… non dovevi esagerare, non era il momento: non è il momento”. Rosa Parks è un’eroina ed è nella storia! E di quel conducente non si ricorderà mai nessuno, [enfasi crescente, a fine frase estrema] se non per dirgli che era un vigliacco! [applausi – enfasi alta] E scelga, dunque!, la politica di questo Paese! Scelga! Se vuole stare con la storia, e con Rosa Parks, o se vuole stare tra i vigliacchi!, che dalla storia verranno cancellati! [applausi – ripresa quieta] Perché, se questo è vero -ed è vero-, questo significa che noi che l’eguaglianza la rivendichiamo e la rappresentiamo, da questa eguaglianza non recederemo. E questa eguaglianza, per le nostre coppie, per le nostre vite, per i nostri figli, per i nostri amori, lo sappiano tutti: [enfasi] senza nessun compromesso, senza nessun arretramento ha un solo nome e cognome: [enfasi estrema] matrimonio civile! [applausi – continua con enfasi, poi si acquieta] E chi dice che la Corte Costituzionale ha ritenuto incostituzionale il matrimonio nel nostro ordinamento [enfasi estrema] mente! [enfasi alta] E chi dice che in questo Paese il matrimonio tra persone dello stesso sesso, dopo la sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani, dopo la sentenza della Corte di Cassazione, non è immediatamente possibile solo e soltanto se il legislatore lo voglia, chi nega questo [più enfasi sulla parola] mente! E dunque, non ci chieda la politica di essere noi ad accettare che in questo Paese le parole di Hollande, le parole di Cameron, le parole di Obama, le parole persino di Raul Castro, debbano restare fuori: e se i partiti di sinistra, i partiti cosiddetti progressisti non accetteranno di far passare queste parole attraverso i nostri confini per renderle patrimonio di tutti, riconoscendo il matrimonio civile alle persone dello stesso sesso, allora abbiano il coraggio, a cominciare da stasera, di dire a questa piazza che progressisti [enfasi] non lo sono! [applausi] E questo in nome di quella libertà che noi abbiamo ricevuto dai trent’anni di storia del Cassero, in nome di quella libertà che è diventata patrimonio di tutti, che ha cambiato questo Paese e che noi non tradiremo. Grazie