di Gianpaolo Sarti
La Lettera di Natale firmata da una decina di sacerdoti del Nord-Est e sottoscritta anche da don Mario Vatta e don Pierluigi Di Piazza, in cui si sollecita la Chiesa a una riforma urgente, capace di interrogarsi su divorziati, omosessuali, sacerdozio alle donne e celibato dei preti. E, ancora, la campagna contro l’omofobia nei confronti delle coppie omosessuali patrocinata da Comune e Provincia. L’arcivescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi non ci sta e sferra un doppio attacco, indirizzato al gruppo di sacerdoti e alle due istituzioni. Lo fa in un’intervista al settimanale cattolico Vita Nuova. Il passaggio sulla scelta dei due enti di patrocinare la campagna anti-omofobia, realizzata dal Circolo Arcobaleno Arcigay e diffusa sugli autobus della città «per ricordare alla politica e alla Chiesa, soprattutto nel periodo delle festività natalizie, che le nostre famiglie esistono», è veloce ma piccato. «Nella conferenza stampa erano stati invitati importanti personaggi del Comune e della Provincia – osserva il vescovo – che però non si sono fatti vedere. Si lancia il sasso e si nasconde la mano». Crepaldi poi rimanda a un commento del direttore di Vita Nuova, Stefano Fontana, che giudica il patrocinio “molto spiacevole” perché “lo scopo è di far passare l’idea che tutte le famiglie, comprese quelle omosessuali, sono famiglie. Comune e Provincia non hanno il compito di patrocinare le campagne dei desideri individuali». Il sindaco Roberto Cosolini ribatte: «Rifarei la stessa scelta perché l’odio e l’intolleranza nei confronti degli omosessuali sono temi che meritano la massima attenzione. Ciò non significa condividere tutti i particolari di questa campagna, ma considerare prevalente la positività del messaggio contro l’omofobia. Legittima la critica della diocesi – sottolinea Cosolini – ma è legittimo che le istituzioni elette dai cittadini la pensino diversamente». Dalla curia il vicario episcopale per il Laicato e la Cultura don Ettore Malnati, contattato telefonicamente, si riserva di intervenire sul caso nelle prossime ore. Così come sulla polemica contro i “preti di frontiera”, autori della tradizionale Lettera di Natale che si ripropone ormai da dieci anni. Si definiscono un “piccolo gruppo di sacerdoti impegnati in parrocchia, in carcere, in strada e nell’accoglienza di poveri e stranieri”. Parlano di crisi e corruzione ma anche «di chiusura autoreferenziale delle religioni in nicchie separate dalla storia, compresa la Chiesa a cui con convinzione e consapevolezza critica apparteniamo». Alla Chiesa domandano «una riforma urgente, per un volto evangelicamente più umano» disponibile «a condividere l’Eucarestia con tutti i battezzati e ritrovare una comunione reale con divorziati e risposati, attenta a valutare presenza e partecipazione di omosessuali, trans-sessuali e capace di interrogarsi sul sacerdozio alle donne, sul celibato dei preti». Il vescovo ritiene insolito «che alcuni sacerdoti instaurino una loro tradizione, alla quale si dimostrano fedelissimi, per criticare la Tradizione della Chiesa e quello che essa insegna non da dieci anni, ma da duemila e su mandato del Signore. Più che una tradizione – chiosa Crepaldi – mi sembra un’abitudine sempre più scolorita». E una riforma «è quella che avviene nella fedeltà alla dottrina, quella che sta guidando Benedetto XVI, non quella del gruppetto dei preti».
Trieste. «Campagna contro l’omofobia Inopportuno il patrocinio»
Questo articolo è stato scritto il 7 gennaio 2013.
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