Conferenza mondiale Aids a Durban. Il diario di Arcigay

  

Il responsabile salute dell’associazione, Michele Breveglieri, in Sudafrica per seguire i lavori: “Prevenzione combinata per piegare l’epidemia Hiv. Ma serve una strategia complessiva”

IMG_2695

È già entrata nel vivo ieri con diverse conferenze pre-congressuali AIDS2016, la conferenza mondiale AIDS che torna a Durban in Sudafrica dopo 16 anni e che si chiuderà il prossimo 22 luglio.

A seguire la conferenza, per Arcigay, Michele Breveglieri, responsabile salute e lotta all’HIV, presente oggi ai lavori di “Action + Access. Rights and Demands of Gay and Bisexual Men in the Global HIV Response”, la pre-conferenza dedicata soprattutto al diritto di uomini gay e bisessuali all’accesso alle cure, ai servizi e alla prevenzione. La pre-conferenza si è aperta con una presentazione di Jose Antonio Izazola di UNAIDS sul costo economico globale della discriminazione delle persone LGBTI: “l’omofobia ci costa globalmente tra i 63 e i 184mila miliardi di dollari in termini di ridotta produttività e di costi sanitari”.

Numerose dunque le presentazioni sul ruolo di omofobia e transfobia nell’epidemia, soprattutto ma non solo nei Paesi a medio e basso reddito, ma in generale grande attenzione per una strategia globale di prevenzione combinata, che unisce strategie di offerta del test, accesso alla PrEP, attenzione ai bisogni delle minoranze, terapia precoce e riduzione della carica virale di comunità, strategie di counselling e di prevenzione tramite app e nuove tecnologie, accesso a servizi “di comunità” pensati per rispondere agli specifici bisogni di prevenzione di uomini gay e bisessuali e persone trans, salute sessuale e de-stigmatizzazione del piacere e del sesso.

Ma è soprattutto la PrEP, nei suoi vari aspetti di efficacia e concreta diffusione e applicazione nella vita reale, a fare da “padrona” con diverse presentazioni a testimonianza dell’importanza crescente e ineludibile di questo nuovo strumento di prevenzione per uomini gay e bisessuali. Presentando il suo studio di simulazione basato sui dati della realtà di Taiwan, il dott. Chi-Tai Fang ha stimato che fornendo la PrEP al 50% dei soli uomini gay e bisessuali più a rischio si eliminerebbe l’epidemia tra uomini che fanno sesso con uomini in Taiwan: “sarebbe sufficiente in realtà una strategia che combini il test HIV ogni anno a coloro che sono più a rischio, la PrEP al 25% di loro e l’inizio immediato della terapia per tutti coloro a cui viene diagnosticato l’HIV”.

Schermata-2016-07-17-alle-11.26.55

Gli attivisti hanno distribuito tante “red cards”, cartelli rossi di ammonimento da alzare in segno di protesta contro l’ipocrisia imperante che lascia soli proprio coloro che ne avrebbero più bisogno, siano essi gay e bisessuali, o le persone più povere del pianeta: “No More Rhetoric! No More Hot Air!”, “We speak for ourselves!”, “Your morals are killing us!”, “BLAH BLAH BLAH”. Da quando UNAIDS ha lanciato l’obiettivo 90-90-90 (90% diagnosticati, 90% in cura, 90% con carica virale non rilevabile) da raggiungere entro il 2020, la concretizzazione di questa strategia sembra una chimera in molti luoghi del mondo. Le associazioni che lottano l’HIV, gli uomini gay e bisessuali e le persone che vivono con HIV potranno gridare con le “red cards” che senza azioni concrete, le chiacchiere sugli obiettivi sono solo cazzate (“bullshit!”).

“Oggi potremmo piegare veramente l’epidemia tra gli uomini gay e bisessuali, oltre che i suoi effetti di doppia stigmatizzazione, ma manca la volontà politica concreta – commenta Michele Breveglieri –“. “Pochi giorni fa sono stati pubblicati idati dello studio Partners che hanno ulteriormente dimostrato che quando una persona sieropositiva è in terapia efficace la sua infettività è zero; in tutto il mondo si sperimentano strategie diversificate di accesso al test HIV, e in generale ai servizi di salute sessuale, basate sempre più sul ruolo determinante delle associazioni e degli attivisti delle comunità colpite; la PrEP sta cambiando rapidamente lo scenario della prevenzione e si sperimentano le modalità più sensate ed efficaci di offerta per gli uomini gay e bisessuali. Questo e tanto altro si chiama prevenzione combinata, ma senza una strategia complessiva non raggiungeremo comunque l’obiettivo. Arcigay c’è e lavora per questa strategia. La maggior parte delle associazioni che lottano contro l’HIV ci sono. In Italia, drammaticamente, manca la volontà politica, e dunque mancano le istituzioni e i soldi – conclude Breveglieri.”

Schermata-2016-07-17-alle-11.26.29