Di Valentina Vigliarolo
Responsabile Politiche di Genere Arcigay
Anche le persone LGBTI, come quelle eterosessuali, vorrebbero festeggiare o scegliere di non festeggiare San Valentino. La possibilità di celebrare o meno ricorrenze come questa, seppur evidentemente commerciali, può rivelarsi un momento di rivendicazione politica e l’occasione per affermare la propria esistenza. Nell’immaginario collettivo la Festa degli innamorati è del tutto appannaggio delle coppie eterosessuali: questo può non rappresentare un problema per le persone gay e lesbiche adulte, risolte, con percorsi solidi alle spalle e che magari danno anche poca importanza alla ricorrenza. Ma cosa accade invece a quelle persone che non hanno ancora terminato un percorso di accettazione e che vivono imprigionate nei propri pregiudizi e nell’omofobia interiorizzata? L’unico modello che emerge attorno a loro è quello della coppia uomo/donna. Pare essere l’unica forma di amore, celebrato in ogni forma. Antonio Decaro, sindaco di Bari, ne ha fatto addirittura un monumento, che raffigura un uomo ai piedi di una donna, dichiarando “Bari è la città dell’amore”.
Peccato che si celebri sempre e solo un tipo di amore. È per questo che eventi come San Valentino diventano automaticamente rivendicazioni politiche. Quindi lotta. Quindi attivismo. Ma se per una sera volessimo soltanto celebrare ognuno e ognuna il nostro amore in completa libertà, senza le risatine invadenti che spesso commentano le nostre normalissime dimostrazione di affetto? Allora la decisione non è più privata ma diventa, di conseguenza, “politica”? In realtà sono sicura che la maggior parte delle persone, tra quelle che decidono di festeggiare San Valentino, abbia solo voglia di semplicità.
Aggiungiamo che nell’era dei concorsi e della comunicazione veloce anche le catene commerciali cercano di sfruttare queste vetrine. Ci sono catene come Mediaworld che scivolano platealmente su banalità ormai palesi. Un Concorsone per San Valentino dove si possono vincere 100 secondi di shopping gratis a coppia; purché la coppia sia eterosessuale.
E’ quanto recita il volantino promozionale di Media World, la catena italiana di distribuzione tecnologica: “Ciascun vincitore avrà 100 secondi a disposizione per correre all’interno del punto vendita Media World designato e afferrare tutta la tecnologia che desidera, ma dovrà concorrere “in coppia” ossia insieme ad un Partner di Gara, da lui scelto, purché maggiorenne e di sesso opposto al proprio”. Le associazioni lgbt hanno denunciato la discriminazione invitando a boicottare i negozi Media World. Gabriele Piazzoni, segretario nazionale Arcigay commenta: “Dopo 30 anni per farci riconoscere dallo Stato, non pensavamo ci volesse più tempo per farsi riconoscere da una catena commerciale, la differenza però è che cittadini italiani ci siamo nati, clienti Media World no. O cambiano il regolamento o noi cambieremo negozi”, conclude Piazzoni.
Per dovere di cronaca vorrei citare anche casi “positivi” anche se la risonanza di questi non è mai abbastanza. Lush, l’azienda di saponi e cosmetici fatti a mano in occasione di San Valentino ha rinnovato la sua vicinanza alla comunità LGBT con una campagna in cui compaiono coppie LGBT.
Da tutto ciò emerge quanto queste ricorrenze in realtà possano essere utili alla comunità LGBTI per affermarsi e dare visibilità a coppie ed amori che troppo spesso vengono oscurate. Da donna lesbica posso confermare quanto sia importante e necessaria questa azione di visibilità. Ancora troppo spesso nel pensiero comune “le lesbiche non esistono” o peggio, sono semplicemente “donne che non hanno mai incontrato l’uomo giusto”. Un bagaglio di pregiudizi e discriminazioni ancora presente e ben radicato in una società fallocentrica. Un’eredità che sfortunatamente non ha confini geografici; infatti non pensiamo che questo sia solo un problema italiano. La cronaca è ricca di episodi spiacevoli, motivo di ironia per molti, violente invasioni di privacy, invece,per chi li vive. Ad esempio Leggo pubblica la notizia di due ragazze decidono di festeggiare San Valentino in un ristorante ma lo chef chiede loro ”Dov’è il vostro San Valentino?”
Ellie Parker e la sua compagna rispondono che per loro entrambe erano “San Valentino”. Lui, senza peli sulla lingua, ha esclamato: “Che spreco non avere un uomo, ma se volete torno io a casa con voi due”. Le parole irrispettose dello chef hanno di fatto rovinato la cena delle due ragazze che hanno pagato il conto ma, al posto della mancia, hanno pensato di lasciare un messaggio all’uomo. Nell’area riservata alla cifra per le tips (le mance) hanno scritto: “Non dire a due lesbiche che hanno bisogno di un uomo per San Valentino”. Poi Ellie ha pubblicato la foto dello scontrino in un post su facebook, denunciando l’accaduto e citando anche il nome del ristorante. Il post è diventato virale in poco tempo raccogliendo oltre 5mila condivisioni. Venutolo a sapere, il proprietario del locale ha contattato la ragazza porgendo le scuse e rimborsando completamente la cena. “Il ristorante ci ha rimborsato i soldi della cena, ma non potrà cancellare la brutta serata che ci ha fatto passare”, ha ribadito Ellie. “Spero che questa condivisione possa aprire gli occhi ad altre persone ed evitare che fatti del genere accadano di nuovo”.
Episodi come questi succedono ovunque, per cui fa parte della nostra battaglia probabilmente utilizzare le nostre vite e le nostre storie come strumento per cambiare questa società. Qualcosa siamo riuscita a farla e tante altre ci aspettano. Dopotutto la storia del movimento LGBTI è fondata sull’utilizzo del corpo come mezzo politico. Lo stiamo facendo ancora oggi, anche a San Valentino.
Quindi San Valentino come strumento per destrutturare e abbattere i pregiudizi? Tutto è utile per abbattere i muri, persino una festa commerciale. Anche se a volte si vorrebbe solo celebrare e festeggiare senza dover rivendicare. Ci arriveremo, ci stiamo arrivando.