Il 12 dicembre scorso è apparso sulla bacheca Facebook del Sen. Fabrizio Di Stefano un post a suo nome nel quale il Parlamentare della Repubblica lanciava un attacco durissimo ad un politico lancianese, peraltro del suo stesso schieramento, che gli avrebbe tolto la pelle pur di ottenere voti, candidature, incarichi e quant’altro. Un vero stalker, stando alle descrizioni offerte dal Di Stefano che, per marcare ulteriormente la condotta persecutoria del politico, ha pensato di evocare il dubbio, subito smentito, di una sua “latente omosessualità”. Se non avesse conosciuto i suoi “gusti sessuali”, per farla breve, avrebbe persino pensato fosse gay, per quanto era invadente, inopportuno e “zerbino”.
Ebbene, è davvero necessario, ogni volta che bisogna parlar male di qualcuno, evocare lo spettro dell’omosessualità? È davvero necessario colorare le beghe tra politici, come anche le discussioni della vita quotidiana, con frasi larvatamente omofobiche?
La risposta è un NO convinto! Persino Chieti, la scorsa estate, è stata teatro di gravi attacchi omofobici che hanno ferito l’incolumità e la dignità delle persone. Qualche tempo fa un ragazzino, a Roma, si è tolto la vita perché “accusato” di essere gay. Frasi come quelle di Fabrizio Di Stefano alimentano l’omofobia, sebbene proposte come innocue dai loro autori.
L’avv. Andrea Cerrone di Lanciano, che si occupa di diritti fondamentali e che da tempo ci aiuta a difendere nei Tribunali la dignità delle persone GLBT, ha fatto notare lo scivolone al Senatore che, tuttavia, ad oggi, non ha risposto. Il silenzio, Senatore, è devastante. Risponda e, per quella “carità di Patria” da lei stesso evocata, si scusi