Arci Arezzo, Arcigay e Sprar fanno squadra per tutelare giovane gay discriminato nel suo paese d’origine
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ll Comitato Arcigay Arezzo “Chimera Arcobaleno” festeggia il primo anno di vita con una notizia molto importante. E’ infatti di questi giorni la conferma del brillante risultato del team composto da Arcigay Arezzo, Arci Arezzo e Sprar Arezzo che hanno supportato la richiesta di asilo di un giovane al quale oggi è stato riconosciuto lo Status di rifugiato per motivi legati all’orientamento sessuale.
Veniamo ai fatti: alcuni mesi fa un giovane ragazzo si era rivolto al Comitato Arcigay Arezzo per chiedere aiuto, in quanto nel suo paese veniva discriminato a causa del proprio orientamento sessuale al punto di dover fuggire da lì per salvaguardare la propria incolumità. Dopo essere stato ascoltato dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, il giovane si è visto riconoscere il suo diritto a ricevere protezione dall’Italia.
Al momento il ragazzo è seguito dallo Sprar – Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati –. Il progetto, di cui è capofila il Comune di Arezzo, si occuperà di accompagnarlo nel suo percorso di integrazione, fornendogli vitto, alloggio, supporto nella formazione professionale e nella ricerca lavoro.
La collaborazione tra Arcigay, Arci Arezzo e Sprar si è rivelata vincente, in casi come questo, e non solo, la sinergia tra diverse realtà è molto importante, mettendo insieme le diverse esperienze e i diversi ambiti di intervento non si ottiene una semplice “somma”: tutte le azioni dei singoli soggetti vengono potenziate, ottenendo non solo risultati migliori ma soprattutto viene ampliata l’esperienza di ognuno creando così solide basi per lavorare sempre meglio e offrire servizi più mirati agli utenti.
Si è costretti a fuggire dal proprio paese di origine per tanti motivi: l’orientamento sessuale è uno di questi, forse il meno conosciuto. Tuttavia, grazie all’attività legislativa dell’Unione Europa, questo tipo di discriminazione è ormai espressamente riconosciuta come possibile forma di persecuzione. Ricordiamo invece che in alcuni paesi del mondo, come Yemen, Emirati Arabi e Iran, ancora l’omosessualità è punita addirittura con la pena di morte, e è di questi giorni la proposta di una legge simile anche in Uganda.
La presidente di Chimera Arcobaleno Cristina Betti riflette: «L’Italia, in quanto membro dell’Unione Europea ha ben presente la necessità di proteggere questa specifica categoria di rifugiati, ci chiediamo perché non si registrino altrettanti segnali di civiltà dal nostro parlamento quando si tratta invece di emanare una legge contro l’omofobia e la transfobia, la cui assenza appare, oggi più che mai, paradossale».