ONDA PRIDE, CINQUE CORTEI IN QUESTO FINE SETTIMANA: ROMA, BERGAMO, CATANIA, TORINO, VERONA. PIAZZONI (ARCIGAY): “QUESTO È IL PAESE CHE MELONI AL G7 NON PUO’ RAPPRESENTARE. LEI È LEADER DEI PICCHIATORI DEL PARLAMENTO”
Bologna, 15 giugno 2024 – Sono 5 le città che, tra oggi e domani, saranno attraversate dai cortei dell’Onda Pride, la grande manifestazione a sostegno dei diritti delle persone lgbtqi+ organizzata da Arcigay e dalle altre associazioni locali e nazionali. L’Onda oggi tocca la Capitale, Roma, con concentramento alle 15 in piazza della Repubblica; tappa anche a Torino, con partenza alle 16,30 in via Principe Eugenio; corteo anche in Sicilia, con il Catania Pride che dà appuntamento alle 17 in piazza Cavour; dall’altra parte della penisola, in Lombardia, sfila il Bergamo Pride che dà appuntamento alle 15,30 davanti alla stazione. È in programma domani, invece, il corteo del Verona Pride, con partenza alle 15,30 da piazzetta Santa Toscana.
“La nostra Onda sfila nel fine settimana dei potenti riuniti nel G7 in Puglia a discutere delle vite di milioni di noi – dichiara Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay -. Un incontro con una lista lunga di argomenti, dalle guerre all’economia, ma che ridimensiona e smussa, per volontà esplicita dell’Italia, i temi delle donne e delle persone LGBTQI+. Eccoci allora, presidente Meloni: ecco le persone che lei vorrebbe cancellare con un tratto di penna. Ci vedrete nelle strade a raccontare un Paese in lotta, bello e orgoglioso. Un Paese diverso dai picchiatori che i capi di stato hanno visto al loro arrivo nel nostro Parlamento. Tutti suoi fedeli alleati. Il Paese che invece oggi sfila nelle strade è un Paese che lei non vuole ma soprattutto non può rappresentare, lei che col suo governo ha sferrato una guerra infame ai bambini e alle bambine delle famiglie arcobaleno e agli adolescenti con varianza di genere. Il rosa del suo abito con cancella il nero delle sue politiche, presidente Meloni. Rieccoci qui, nonostante il suo mercato al ribasso. Intanto si goda la nostra presa di parola. “, conclude Piazzoni.